Niente è più istintivo che considerare ogni cosa a partire da sé, scelto come centro del mondo.
La realtà che ci circonda è ovviamente soggettiva, cambia a seconda di come noi pensiamo che sia e da come poi ci rapportiamo con lei.
Per
quanto dei pensieri possano essere simili tra loro, nessuno può mai
vedere ciò che vedo io, né io quello che vedono gli altri...
Invece, ecco il Cinema.
Occhio
meccanico che diventa specchio dell'anima di chi lo guida e noi,
perdendoci dentro queste immagini, riusciamo a vestire i suoi panni.
Mi
ero iscritta all'università, poco più di due anni fa, con l'intento di seguire altri studi, ma a lezione,
davanti a Le tempestaire di Jean Epstein, ho avuto un colpo di fulmine che mi ha fatto cambiare rotta.
Amo studiare Cinema perché amo l'essere umano.
"Kίνημα" significa "movimento" e, alla
velocità di 16 o 24 fotogrammi al secondo, quelle impronte marchiate a fuoco
sulla pellicola si fanno carico e prendono la forma del profilo antropologico dell'uomo dietro la macchina da presa.
Ogni inquadratura si colora delle diverse tonalità delle quali l'artista è composto, ma far cinema e studiarlo significa anche imparare a vedere, percezione al quadrato.
Per la prima volta riesco a rendermi conto di cosa ho veramente intorno e di quanto tutto questo sia bello.
Indice destro su pollice sinistro, indice sinistro su pollice destro, basta affacciarsi da questa finestra per riscoprire tutto nuovo.
Davanti ai nostri occhi si scaraventa l'essenza del mondo quotidiano, che fino ad un attimo fa era stropicciato e stravissuto,
talmente usuale da esser divenuto insipido e, invece, attraverso la
lente, se ne trae l'impressione di qualcosa mai visto, una rivelazione
improvvisa.
La
materia si spezzetta e ogni sua frazione assume un'espressione
particolare. Un panteismo rinasce al mondo e lo riempie fino a farlo scricchiolare, mentre il tempo sembra per un attimo sospeso.
Il Cinema, rivelando la realtà, la crea, la inventa e, come minimo, reinventa il nostro pensiero.
Altro grande amore è Lo sguardo di Ulisse di Angelopoulos.
Alla ricerca di tre bobine perdute dei fratelli Manakis, contenenti alcune delle primissime immagini fissate su nastro.
Il "primo sguardo", appunto.
Ma questa ricerca è soltanto una scusa per provare a guardarsi dentro.
Ma questa ricerca è soltanto una scusa per provare a guardarsi dentro.