giovedì 11 dicembre 2014

Words of wisdom


You don't have a soul,
you are a Soul.
You have a body.

(George MacDonald, 1892)

giovedì 13 novembre 2014

C'è solo la strada su cui puoi contare

Sono nella mia tana bolognese.
È un altro giorno in cui la città ha visto scendere in piazza un corteo di protesta, pronto a lanciare per domani uno sciopero sociale contro il governo che tenta di modificare di nuovo l'Articolo 18 e contro il programma Youth Guarantee la risposta europea alla crisi dell'occupazione giovanile il quale, invece di porre rimedio al danno, sembra non far altro che istituzionalizzare la precarietà.
La verità è tanto ovvia quanto difficile da accettare; sono sempre le stesse proteste contro gli stessi vertici, i cui esponenti non riescono a guardare mai al di là del proprio tornaconto. Siamo nel ventunesimo secolo, apparteniamo agli anni del progresso e dell'emancipazione quando nuovi diritti pian piano vengono conquistati, ma, ad ogni passo avanti che riusciamo a fare in una direzione, ne facciamo dieci a ritroso dall'altra.
Ho partecipato a diverse manifestazioni, avere il coraggio di alzare gli occhi da terra e far sentire la voce è per me in questi casi doveroso e non inutile; eppure oggi, passando accanto, è comparso sul viso, involontario quanto spontaneo, un sorriso, smorfia di amara rassegnazioneGirato l'angolo ero già lì che provavo vergogna di me stessa.
Neanche a farci apposta, proprio ora, leggendo tra le riviste sparse sul tavolo, mi è capitato sotto gli occhi, doloroso come una frustata, un pezzo di Antonio Gramsci pubblicato nel 1917.
Parole già note, ma lasciate morire nei cassetti bui della memoria.
Le riporto qui perché mi (ci) sia di lezione, per le prossime lotte, per qualsiasi tipo di battaglia saremo chiamati ad affrontare, piccole o grandi che siano.
Lo devo a lui e ad altri come lui.

“Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani.
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano.
L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia.
L’indifferenza opera potentemente nella storia.
Opera passivamente, ma opera.
È la fatalità; è ciò su cui non si può contare; è ciò che sconvolge i programmi, che rovescia i piani meglio costruiti; è la materia bruta che strozza l’intelligenza. Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
Tra l’assenteismo e l’indifferenza poche mani, non sorvegliate da alcun controllo, tessono la tela della vita collettiva, e la massa ignora, perché non se ne preoccupa; e allora sembra sia la fatalità a travolgere tutto e tutti, sembra che la storia non sia altro che un enorme fenomeno naturale, un’eruzione, un terremoto del quale rimangono vittime tutti, chi ha voluto e chi non ha voluto, chi sapeva e chi non sapeva, chi era stato attivo e chi indifferente.
Alcuni piagnucolano pietosamente, altri bestemmiano oscenamente, ma nessuno o pochi si domandano: se avessi fatto anch’io il mio dovere, se avessi cercato di far valere la mia volontà, sarebbe successo ciò che è successo?
Odio gli indifferenti anche per questo: perché mi dà fastidio il loro piagnisteo da eterni innocenti. Chiedo conto a ognuno di loro del come ha svolto il compito che la vita gli ha posto e gli pone quotidianamente, di ciò che ha fatto e specialmente di ciò che non ha fatto. E sento di poter essere inesorabile, di non dover sprecare la mia pietà, di non dover spartire con loro le mie lacrime.
Sono partigiano, vivo, sento nelle coscienze della mia parte già pulsare l’attività della città futura che la mia parte sta costruendo. E in essa la catena sociale non pesa su pochi, in essa ogni cosa che succede non è dovuta al caso, alla fatalità, ma è intelligente opera dei cittadini. Non c’è in essa nessuno che stia alla finestra a guardare mentre i pochi si sacrificano, si svenano.
Vivo, sono partigiano.
Perciò odio chi non parteggia, odio gli indifferenti”.

mercoledì 1 ottobre 2014

Autunno

L'autunno è un gatto su un cuscino, è una sciarpa di lana,
un sospiro che diventa vapore,
un orologio fermo.
È la stagione della musica jazz, suonata con la tromba, che sento ogni giorno quando il sole tramonta, passando sotto una finestra aperta degli ultimi piani di un palazzo vicino casa mia.
L'autunno è il colore rosso e amore.

giovedì 18 settembre 2014

venerdì 25 luglio 2014

Dopo la tempesta...

Distesa su uno dei tanti moli della mia città, bagnati dal mar Adriatico, me ne sto con una mano immersa nell'acqua, a far mulinelli con le dita, mentre il resto del corpo cattura ogni singolo raggio di sole.
Chiudo gli occhi e mi lascio andare; che il canto dei pescatori mi culli ancora un po'.


venerdì 11 luglio 2014

La striscia di Gaza e l'umanità israeliana (o quel che ne resta di loro)

Cosa serve per far sì che le coscienze assopite dei più gradi capi politici si risveglino dal loro torpore e provino a scrollarsi di dosso tutto il menefreghismo che le attanaglia?
In Palestina, accadono genocidi, mentre io qui a buttar giù parole con un nodo alla gola e le lacrime agli occhi. Non posso dare nulla, sono impotente e allora mi sento colpevole, colpevole come non mai.
Non si tratta più di guerra, non ci sono due eserciti che si danno battaglia su un fronte. Quello che sta accadendo non è che l'ennesimo atto di violenza, che il più forte riversa sul più debole, senza alcuna scusante e senza alcun pretesto ormai valido. 
Continuo a sperare in un cambiamento, prego che le vittime di questa strage non siano morte invano e che le parole di Vittorio Arrigoni facciano breccia anche nei cuori di coloro che ne sono coinvolti; ma siamo tutti coinvolti.

"Israele farà il deserto e lo chiamerà pace. Il silenzio del mondo civile è molto più assordante delle esplosioni che ricoprono la città, come un sudario di terrore e morte. Restiamo Umani."


domenica 6 luglio 2014

Anche le sedie sanno parlare. La mia personale "Rosabella" wellesiana.

Le tende non lasciano passare più neanche un filo di luce e così la stanza ha un brutto odore di chiuso e polvere.
In un angolino buio c'è ancora lei, una sedia di legno alta quasi 50 centimetri; è molto vecchia, quel poco che è rimasto della vernice si è seccata e ha l'aria di cadere a terra da un momento all'altro, la paglia che fa da imbottitura esce e buca la stoffa.
Dietro quella piccola sedia, però, si nasconde tutta la nostra infanzia.
Curiosa spettatrice di fantastici giochi, ai tempi in cui l'immaginazione non aveva confini, trattiene ora al suo interno centinaia di vecchi ricordi.
La stanza di per sé era solare; tra le mura riecheggiavano di continuo le nostre risate, profumava di orzo e non aveva mai sofferto di solitudine, ma sono passati molti anni da allora, il nostro spirito bambino se n'è volato via, proprio tra le fessure della tapparella che ormai non viene aperta più.
Non ha nulla da osservare, nessuno da proteggere, così la piccola sedia ritorna nel suo angolo e la chiave della porta non scatta, se ne rimane immobile ad arrugginire.
C'è silenzio ormai, come nel resto della casa, come in tutte le altre stanze; niente sembra più lo stesso, ma i momenti passati lì dentro sono difficili da dimenticare.
Forse, se continueremo a volerci bene e a stare insieme, come abbiamo sempre fatto, questa stanza non perderà mai del tutto il suo colore.
Potrebbe rinascere, un giorno o l'altro.