domenica 6 luglio 2014

Anche le sedie sanno parlare. La mia personale "Rosabella" wellesiana.

Le tende non lasciano passare più neanche un filo di luce e così la stanza ha un brutto odore di chiuso e polvere.
In un angolino buio c'è ancora lei, una sedia di legno alta quasi 50 centimetri; è molto vecchia, quel poco che è rimasto della vernice si è seccata e ha l'aria di cadere a terra da un momento all'altro, la paglia che fa da imbottitura esce e buca la stoffa.
Dietro quella piccola sedia, però, si nasconde tutta la nostra infanzia.
Curiosa spettatrice di fantastici giochi, ai tempi in cui l'immaginazione non aveva confini, trattiene ora al suo interno centinaia di vecchi ricordi.
La stanza di per sé era solare; tra le mura riecheggiavano di continuo le nostre risate, profumava di orzo e non aveva mai sofferto di solitudine, ma sono passati molti anni da allora, il nostro spirito bambino se n'è volato via, proprio tra le fessure della tapparella che ormai non viene aperta più.
Non ha nulla da osservare, nessuno da proteggere, così la piccola sedia ritorna nel suo angolo e la chiave della porta non scatta, se ne rimane immobile ad arrugginire.
C'è silenzio ormai, come nel resto della casa, come in tutte le altre stanze; niente sembra più lo stesso, ma i momenti passati lì dentro sono difficili da dimenticare.
Forse, se continueremo a volerci bene e a stare insieme, come abbiamo sempre fatto, questa stanza non perderà mai del tutto il suo colore.
Potrebbe rinascere, un giorno o l'altro.

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